Perché fatichiamo a vivere nel momento presente?
“Stai nel presente, se guardi troppo avanti proverai ansia”, oppure “Non continuare a pensare al passato, pensa ad ora”. Frasi già sentite, vero?
Ma è davvero possibile stare davvero nel momento presente? E, soprattuto, è utile farlo?
In questo breve articolo spiegherò perché, dal mio punto di vista, è importante riuscire a stare nel momento presente e come mai, spesso, fatichiamo a farlo.
Momento presente tra meditazione ed identità
Non è mia intenzione riportare dati scientifici sui benefici della meditazione e, ancor più nello specifico, della mindfulness: i valori aggiunti portati da questi tipi di pratiche sono oggettivi e, per chi ancora non le avesse mai sperimentate, beh, lo faccia subito!
La meditazione, nelle sue varie forme, consente al praticante (dopo un po’ di esercizio) di stare nel fatidico “momento presente”, con tutti i benefici che ne conseguono.
Esistono anche altri strumenti volti a favorire la presenza a noi stessi, ad esempio il diario (se ti interessa conoscere alcuni consigli su come e perché scrivere un diario, ne ho parlato QUI).
Ciò detto, perché c’è chi fatica più di altri a rimanere concentrato ed a vivere con più fluidità il presente?
Perché alcuni di noi riescono a porsi e perseguire obiettivi con costanza e determinazione, mentre altri (la maggior parte di noi, direi) fatica in questo? Perché spesso non riusciamo a “restare sul pezzo”, pur sapendo che, per farlo, sarebbe sufficiente allontanare lo smartphone in determinati momenti e chiuderci in una stanza?
Premesso che viviamo in un mondo caratterizzato da una moltitudine di possibilità d’azione, quindi siamo più proni alla distrazione rispetto a quanto lo fossero i nostri nonni, questo dato non è però sufficiente per spiegare il fenomeno.
Ritengo, piuttosto, che il problema sia più di carattere identitario: a parte rari momenti (ad esempio, quando meditiamo, oppure quando sentiamo un forte dolore o piacere corporeo), noi non siamo mai davvero nel presente. Siamo piuttosto in quella costante tensione tra memoria e prospettiva, termini utilizzati dal mio prediletto cantautore Niccolò Fabi in questa canzone.
Ancora meglio, se ci sganciamo dalle nostre percezioni corporee, il presente è determinato dall’incontro tra “chi sono stato” e “chi sarò”.
A sostegno di questa tesi, traggo spunto da un’interessante serie di studi compiuti dal neuroscienziato Schacter e dai suoi collaboratori circa una decina di anni fa: sembrerebbe che i processi di simulazione o di immaginazione di eventi futuri dipendano perlopiù dagli stessi processi neurali che sono coinvolti nel ricordo di episodi del proprio passato. Semplificando ulteriormente, si attiverebbero molte delle stesse aree del nostro cervello, sia quando ricordiamo un evento passato, sia quando ne immaginiamo uno futuro.
Presente come tensione tra passato e futuro
Un’interpretazione del dato sopra descritto è che, per riuscire ad immaginarci nel futuro, sia importante avere una sufficiente chiarezza del nostro passato, che la “trama” di noi stessi sia lineare e contenga il minor numero possibile di contraddizioni, di “vuoti narrativi”. Allo stesso tempo, quando fatichiamo a vederci nel futuro ed a capire quale sia la nostra strada, il nostro prossimo passo da compiere, tendiamo istintivamente a tornare nel passato con la memoria, come se implicitamente sentissimo di dover sistemare qualcosa indietro per poter andare avanti.
Alla luce di questo, la mia idea è che un sostanziale motivo per cui spesso fatichiamo a concentrarci ed a guardare con chiarezza al nostro futuro, sia dato dalla necessità di fermarci per sintonizzarci con il nostro passato, per integrarlo nella nostra trama con più esaustive letture della nostra esperienza.
Per questo motivo ritengo che la lettura di testi sulla crescita personale, per quanto stimolanti possano essere, raramente sia sufficiente per superare momenti di impasse nella nostra vita. Quando ci sentiamo fermi e fatichiamo a stare nel “momento presente”, ostinarci a guardare avanti può risultare controproducente e può restituirci un senso di inefficacia, portandoci quindi ad una inerzia non scelta.
Ritengo che, in questi momenti, sia importante trovare il coraggio di guardarci indietro, magari con l’aiuto di un professionista dotato degli strumenti utili a facilitare questo processo.
Non ho utilizzato casualmente il termine “coraggio”: penso che, nel contesto in cui viviamo, quello di fermarsi consapevolmente sia un gesto quasi eroico.
Che altro dire, buon PRESENTE a tutti!
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