Paolo e la Disfunzione Erettile
Paolo, 48 enne dipendente pubblico, mi contatta poiché, da circa 2 mesi, perde l’erezione quasi ogni qualvolta provi ad avere una rapporto penetrativo con la compagna. Questo problema non si presenta durante la masturbazione, così come è raro durante i rapporti non penetrativi (preliminari) che ha con lei. Non spiegandosi il motivo di un disagio fino ad ora mai provato, si rivolge ad un Andrologo che, dopo accurati esami, sentenzia quanto segue: “Fisicamente non ha nulla che non va, è qualcosa di psicologico. Intanto provi a prendere queste” e gli prescrive Spedra, un farmaco specifico per la Disfunzione Erettile. Il problema di Paolo, nonostante l’assunzione del farmaco, non si risolve; decide pertanto di rivolgersi a me.
Come da prassi, dedico il primo colloquio ad approfondire il contesto esistenziale d’esordio della sintomatologia: 8 mesi fa Paolo si è separato dalla moglie con la quale ha un figlio sedicenne. Da circa un anno, inoltre, ha una compagna. La separazione dalla moglie è tutt’ora fonte di tensione per il paziente, sia per questioni legali, che per la quasi totale chiusura dei canali comunicativi da parte del figlio nei suoi confronti.
La rete sociale di Paolo è piuttosto ridotta, essendosi da sempre dedicato quasi esclusivamente a lavoro e famiglia; le sue interazioni si limitano pertanto alla nuova compagna e, in maniera comunque più formale, ai colleghi di lavoro. Il lavoro non causa particolare stress al paziente, sebbene lo stipendio risulti insufficiente per far fronte alle molte spese che ora si trova a dover affrontare.
Rispetto al sintomo, Paolo riporta: “la mia compagna mi ha detto che devo curarmi, perché non è possibile andare avanti così”, “temo di perdere la mia compagna se non risolvo il problema”. Emerge pertanto che la Disfunzione Erettile è strettamente connessa al forte timore di non andare bene alla compagna e di perdere il principale legame affettivo attuale. Al termine del colloquio “rifiguro” al paziente questo aspetto, spiegandogli anche il motivo per cui il farmaco in questa circostanza può portare pochi benefici: esso infatti può agire nel momento in cui l’eccitamento è presente nel soggetto, mentre nel caso di Paolo la sessualità ha attualmente perso tale valenza, per lasciare spazio all’Ansia da Prestazione. La mia rifigurazione ha consentito al paziente di comprendere il senso del proprio malessere, e di affrontare la relazione con la compagna con differenti possibilità d’azione.
I successivi colloqui, a cadenza settimanale, sono stati finalizzati ad approfondire e, quando necessario, facilitare il cambiamento delle dinamiche relazionali di Paolo, in modo che la sessualità diventasse sempre più un momento di condivisone con la partner anziché un test da superare. La sintomatologia è notevolmente diminuita dopo le prime 4-5 sedute, per scomparire nel corso delle successive. Complessivamente ho visto Paolo per 20 sedute: le prime erano focalizzate sulla sessualità, per poi essere dedicate sempre più alle relazioni affettive ed amicali, vero nodo del suo malessere. Oltre alla compilazione del Diario Esperienziale, durante il percorso, ho assegnato al paziente specifici “compiti per casa” sia legati alla sessualità che ad altri aspetti relazionali.
Con Paolo ho valutato di non coinvolgere l’attuale compagna nella terapia, sia perché la problematica sessuale si è risolta in breve tempo, sia perché ho valutato che la chiave di volta si trovasse nel suo più ampio contesto esistenziale, non solo nella relazione di coppia.
[Tutti i brani pubblicati sono ispirati a colloqui reali, ma gli interventi contenuti nei dialoghi si riferiscono esclusivamente a situazioni specifiche e non possono in alcun modo sostituire né integrare una diagnosi psicologica, né un colloquio con uno psicologo. Ogni riferimento a luoghi, situazioni e persone è stato rimosso o modificato.]