Articolo scritto dalla dott.ssa Giulia Menditto
Ansia Sociale
CHE ANSIA!
La parola Ansia è un termine che fa parte del vocabolario di tutti e viene utilizzato quasi quotidianamente per riferirsi alle più disparate esperienze, tanto che possiamo definire quello di ansia un termine abusato.
Per questo motivo, l’ansia come sintomatologia psicologica relativa ad un vero e proprio disturbo è talvolta difficile da scindere con il termine che comunemente viene usato nella vita di tutti i giorni.
A confondere ancor di più le idee è anche il fatto che di disturbi d’ansia ne esistono di diversi tipi, ognuno con le proprie caratteristiche peculiari.
Il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM-5) nella sua più recente versione raggruppa all’interno della categoria dei disturbi d’ansia ben 10 patologie differenti:
- Disturbo d’ansia da separazione
- Mutismo selettivo
- Agorafobia
- Ipocondria
- Fobie specifiche
- Disturbo d’ansia generalizzata
- Disturbo di panico
- Fobia sociale
- Disturbo d’ansia indotto da sostanze
- Disturbo d’ansia causato da altre situazioni mediche
In questo articolo ci concentreremo su uno di questi disturbi: l’ansia sociale (o fobia sociale).
- Cos’è l’ansia sociale?
- Quali sono le paure nel disturbo d’ansia sociale?
- Come nasce e si mantiene l’ansia sociale?
- Distinguere l’ansia sociale da altri disturbi
- Ansia sociale e pandemia da Covid-19
- Come si cura l’ansia sociale?
- Consigli pratici
- Cosa faccio se ho l’ansia sociale?
1) COS’E’ L’ANSIA SOCIALE?
Il termine “fobia sociale” (o ansia sociale) è stato usato per la prima volta nel 1966 da due studiosi, Marks e Gelder, che la definivano come una sorta di timore nel compiere alcune attività semplici come mangiare e parlare, in presenza di altri per via di una possibile paura di apparire ridicoli (Pietrini et AL., 2009).
Da quel momento l’ansia sociale è stata al centro di numerosi studi ma solo con la pubblicazione del DSM-III è stato concordato un sistema curato per la diagnosi di questo disturbo.
Oggi, il manuale statistico e diagnostico dei disturbi mentali (DSM-5) descrive l’ansia sociale come un disturbo caratterizzato da sensazioni di ansia o paura in merito alle situazioni sociali in cui l’individuo è coinvolto e in cui è possibile il giudizio altrui (American Psychiatric Association, 2013)
Ciò di cui l’individuo è preoccupato è la possibilità di poter agire in modi che le persone attorno a lui giudicheranno in modo negativo, e che quindi potranno concludersi con sensazioni di imbarazzo, umiliazione, offesa o rifiuto. Nonostante l’individuo soffra sinceramente per queste preoccupazioni, le stesse risultano essere indubbiamente sproporzionate rispetto alla situazione sociale e al contesto.
Tuttavia, a causa di queste paure e della grande mole di stress che esse provocano, l’individuo con ansia sociale tende ad evitare le situazioni e le esperienze che potrebbero innescare l’ansia rintanandosi sempre più nella solitudine.
Può capitare ad esempio che chi soffre di ansia sociale rinunci a discutere una relazione che ha preparato con tanto impegno per timore del pubblico, che eviti di intraprendere un lavoro molto affascinante per via della presenza dell’ufficio condiviso con altri colleghi ma anche più banalmente che eviti di uscire il sabato sera per mangiare una pizza con gli amici per via della preannunciata brutta figura che pensa di fare o che rinunci alla conoscenza di un/una possibile partner per il possibile fallimento di sé in un eventuale appuntamento (Pietrini et AL., 2009).
Il circolo che si viene a creare di paura, ansia e evitamento interferisce quindi in modo importante con la normale routine di vita della persona.
2) QUALI SONO LE PAURE NEL DISTURBO D’ANSIA SOCIALE?
Quando l’individuo si trova a vivere la situazione che teme, solitamente inizia ad avvertire dei sintomi di malessere fisico, come tachicardia, sudorazione, arrossamento del viso, tensione, nausea, crampi allo stomaco, calore, affanno, vertigini e confusione mentale (Wikipedia).
Ma cosa provoca questo tipo di sintomatologia? Di cosa ha paura una persona che soffre di ansia sociale?
Le principali preoccupazioni risultano essere le seguenti:
- Paura di essere valutato in modo negativo
- Preoccupazione di sembrare ansioso, debole, pazzo, noioso, intimidatorio, sporco o sgradevole
- Timore di agire o apparire in un particolare modo o di mostrare sintomatologia relativa all’ansia (come arrossire, tremare, sudare ecc.)
- Possibile preoccupazione di offendere gli altri attraverso la propria sintomatologia o di essere respinti a causa della stessa.
Come possiamo osservare, tutte le precedenti fonti di paura riguardano il possibile giudizio altrui sulla persona e quindi una forte ansia anticipatoria che man mano che il disturbo procede, aumenta fino a diventare anche insostenibile. La paura del giudizio negativo diventa alla fine talmente pervasiva che l’individuo risulta fortemente disgregato da suo ambiente sociale e relazionale.
3) COME NASCE E SI MANTIENE L’ANSIA SOCIALE?
L’esordio del disturbo d’ansia sociale è in media attorno ai 13 anni e può avvenire in seguito ad un particolare episodio di vita stressante o umiliante, oppure svilupparsi lentamente.
In merito alla diffusione del disturbo nella popolazione, dai dati di ricerca la percentuale di persone che ne soffre varia dal 3% al 13%, con una maggiore percentuale che riguarda le donne (Pietrini et al., 2009).
Per quanto riguarda il mantenimento del disturbo d’ansia sociale, invece, uno dei modelli maggiormente riconosciuti è quello di Clark e Wells (Clark e Wells, 1995) che identificano 4 processi cognitivi che stanno alla base del disturbo:
- Eccessiva attenzione e monitoraggio dei propri comportamenti durante le interazioni sociali. Questo porta a sovrastimare i propri sintomi ansiosi.
- Eccessivo rimuginio e ruminazione connessi al tema dell’interazione e della propria performance.
- Sovrastima della quantità di ansia percepita in contesti sociali. In questo modo si alimentano i comportamenti di evitamento associati alle situazioni temute.
- Comportamenti di evitamento dei contesti sociali per minimizzare il rischio di sperimentare ansia e paura. Così facendo le situazioni temute acquisteranno sempre più importanza e verranno percepite come qualcosa di terribile.
Infine, la remissione spontanea dell’ansia sociale è molto bassa e questa patologia possono essere correlate altre importanti problematiche come l’abuso di sostanze, la depressione e un aumentato rischio di condotte suicidarie.
4) DISTINGUERE L’ANSIA SOCIALE DA ALTRI DISTURBI
Una corretta diagnosi è certamente essenziale per poter far fronte tempestivamente e in modo accurato al disturbo; per questo motivo è molto importante poter distinguere le caratteristiche dei diversi disturbi, anche quando i sintomi dell’uno o dell’altro si somigliano.
A questo proposito, di seguito vediamo brevemente le differenze tra l’ansia sociale e sei disturbi che hanno alcune caratteristiche simili.
- Ansia sociale VS agorafobia
Chi soffre di ansia sociale teme il giudizio altrui, non determinati luoghi.
- Ansia sociale VS disturbo di panico
Chi soffre di ansia sociale può sperimentare attacchi di panico, ma sempre e solo in occasione di situazioni sociali dove si teme il giudizio degli altri, gli attacchi di panico non sono quindi inaspettati e improvvisi.
- Ansia sociale VS disturbo d’ansia generalizzata
Nel disturbo d’ansia sociale l’ansia è legata a contesti in cui è possibile il giudizio altrui, non è costante.
- Ansia sociale VS Disturbo depressivo
Per chi soffre di ansia sociale il giudizio altrui temuto è legato a propri comportamenti che potrebbero risultare inadeguati o motivo di scherno. Per chi soffre di depressione il giudizio negativo altrui è considerato come una svalutazione, una mancanza di approvazione.
- Ansia sociale VS disturbo di dismorfismo corporeo
Nell’ansia sociale il timore e la preoccupazione non sono circoscritti alla vergogna relativa al proprio aspetto fisico o un particolare del corpo.
- Ansia sociale VS disturbo evitante di personalità
Nell’ansia sociale gli evitamenti sono meno marcati e meno generalizzati e durano meno tempo. Tuttavia, questi disturbi possono presentarsi congiuntamente.
(American Psychiatric Association, 2013).
5) ANSIA SOCIALE E PANDEMIA DA COVID-19
La pandemia da Covid-19 che ha colpito l’intero pianeta dal 2019 e che, in parte, continua anche oggi, ha sicuramente influito sulla salute mentale di intere generazioni.
In particolare, chi soffriva di ansia sociale prima dell’esordio pandemico, ha sperimentato una situazione maggiormente confortevole durante questo periodo; infatti, specialmente nei periodi più intensi del contagio, l’isolamento imposto e la riduzione dei contatti sociali ha permesso a queste persone di sentirsi giustificate nell’evitare proprio quelle attività che di consuetudine provocano ansia e paura, con una notevole diminuzione anche dello stress percepito (Arad, Shamai-Leshem e Bar-Haim,2021).
La pandemia, quindi, si è in un certo senso posta come un evento facilitante per chi soffriva di ansia sociale, diminuendo i sintomi del disturbo. Tuttavia, adesso, mentre il mondo ricomincia a vivere fuori dalle mura domestiche, i sintomi ritornano e spesso più forti di prima.
In definitiva, la pandemia da Covid-19 altro non è stata che un fattore esacerbante dei sintomi dell’ansia sociale, che ha solo aiutato la malattia a peggiorare.
Per di più, pare che con la pandemia i casi di fobia sociale siano addirittura aumentati. Infatti, anche chi prima dell’avvento pandemico non ha mai mostrato sintomi, poi, a causa delle restrizioni forzate e delle varie paure causate dal Covid-19, ha potuto iniziare a provare i tipici sintomi e timori di chi soffre di un vero e proprio disturbo di ansia sociale (Marsigli, 2022).
6) COME SI CURA L’ANSIA SOCIALE?
Le linee guida attualmente disponibili per la cura dell’ansia sociale consigliano la psicoterapia (specialmente la psicoterapia cognitivo comportamentale – CBT) ed eventualmente la terapia farmacologica.
La CBT propone una terapia centrata sul momento presente e quindi sul trattamento diretto della sintomatologia. L’obiettivo di questo tipo di psicoterapia è quello da un lato di modificare i pensieri che vengono definiti disfunzionali, e dall’altro di offrire alla persona con ansia sociale delle capacità specifiche per affrontare le situazioni che vengono percepite come ostili e quindi temute (Wells e McMillan, 2004).
I pensieri disfunzionali delle persone che soffrono di ansia sociale circa gli eventi derivano, secondo la psicoterapia cognitivo comportamentale, da schemi cognitivi rigidi che si attivano quando l’individuo ha a che fare con situazioni sociali. La terapia mira a modificare questo tipo di pensieri e, contemporaneamente, offre la costruzione di abilità per gestire in modo più adattivo le situazioni sociali, come l’insegnamento di tecniche di rilassamento, di gestione dell’ansia o per la gestione dell’interazione interpersonale (Polo, 2020).
Dal punto di vista farmacologico, invece, la cura per l’ansia sociale si basa su due tipologie di farmaci: antidepressivi e benzodiazepine.
Tuttavia, l’approccio farmacologico per la cura del disturbo d’ansia sociale non si è dimostrato efficace quanto la psicoterapia. Inoltre, bisogna sempre tenere a mente il rischio di dipendenza e abuso che si possono sviluppare con l’utilizzo di questi farmaci, oltre al fatto che i risultati positivi sui sintomi non sempre si mantengono una volta sospesa la sostanza.
7)CONSIGLI PRATICI
Di seguito verranno proposti alcuni consigli pratici che potrebbero essere d’aiuto per chi soffre di ansia sociale (Polo, 2020):
- Inizia ad esporti gradualmente alle situazioni temute.
Inizia ad accettare gli inviti di amici, qualche uscita fuori porta o una semplice passeggiata sotto casa, infatti, anche se inizialmente potrai percepire l’ansia e non sentirti a tuo agio, con il tempo ti renderai conto che la paura tenderà a diminuire.
- Informati sull’argomento.
Inizia ad essere curioso della tua situazione. Leggi dei libri, degli articoli o cerca dei contenuti multimediali sull’ansia sociale. La consapevolezza di ciò che ti sta succedendo può essere il primo passo per aprirti al cambiamento.
- Evita “scorciatoie”.
Può succedere che chi soffre di fobia sociale inizi ad assumere farmaci ansiolitici in quantità o inizi a bere molti alcolici. Queste sostanze sembrano diminuire i sintomi della persona in contenti sociali. In realtà il consumo di queste sostanze con il tempo altro non farà che aumentare i sintomi del disturbo.
- Impara esercizi di rilassamento.
Imparare tecniche specifiche per rilassarsi, come il rilassamento muscolare progressivo o la respirazione diaframmatica, può aiutarti a ridurre i sintomi dell’ansia, anche nelle situazioni sociali più temute.
- Tieni un diario.
L’esercizio del diario è estremamente utile sia per tenere traccia di quello che senti e vivi nelle varie esperienze, sia per renderti conto dei piccoli e grandi progressi fatti.
8) COSA FACCIO SE HO L’ANSIA SOCIALE?
Nei precedenti paragrafi abbiamo potuto capire cos’è e cosa comporta soffrire di fobia sociale e quanto invalidante essa può essere per vivere una vita che possiamo definire normale.
Se leggendo quanto sopra ti sei sentito preoccupato per te o per qualcuno a cui vuoi bene ciò che puoi fare è cercare un professionista del settore che ti aiuti a capire meglio quello che ti succede o, nel secondo caso, aiutare la persona in questione a cercarlo.
Ricorda che chiedere aiuto è un atto di forza e coraggio, denota una grande presa di consapevolezza ed è il primo passo per vivere la tua vita come davvero desideri.
BIBLIOGRAFIA
American Psychiatric Association (APA) (2013). DSM-5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Milano: Raffaello Cortina.
Marsigli, A. (2022). Ansia sociale e pandemia: come il COVID ha cambiato la socializzazione. Istituto di Psicologia e Psicoterapia Comportamentale e Cognitiva.
Arad, G., Shamai-Leshem, D., & Bar-Haim, Y. (2021). Social Distancing During A COVID-19 Lockdown Contributes to The Maintenance of Social Anxiety: A Natural Experiment. Cognitive Therapy and Research, 45.
Polo, A. (2020). Fobia sociale: come uscirne. Psicoterapiascientifica.
Pietrini, F., Lelli, L., Lo Sauro, C. e Favarelli, C. (2009). Epidemiologia della fobia sociale Epidemiology of social phobia. Rivista di psichiatria, 44.
Clark, D. M., & Wells, A. (1995). Social phobia: Diagnosis, assessment, and treatment (pp. 69–93). New York: The Guilford Press.
Wells, A., McMillan, D., (2004). Psychological treatment of social phobia. Psychiatry, 3.
https://it.wikipedia.org/wiki/Fobia_sociale#Sintomi
Ho capito, ma quindi cos’è davvero l’Ansia?
Sentiamo spesso parlare di Ansia, termine ormai entrato nel gergo comune e talvolta abusato. Quando qualcuno ce ne parla in maniera più “tecnica”, oppure cerchiamo informazioni nel web, troviamo una lista dei sintomi correlati all’ansia, siano essi più corporei (ad esempio palpitazioni) o psicologici (ad esempio paura di perdere il controllo).
Ma qual’è effettivamente il fenomeno ansioso? Cosa ci porta a sperimentare quegli specifici sintomi?
In questo breve articolo proverò a spiegarlo.
Ansia: un fenomeno diffuso ed eterogeneo
Quello dell’Ansia è un fenomeno assai diffuso; per farsene un’idea invito a leggere questo .pdf di ISTAT risalente ad un paio di anni fa. La pandemia attualmente in corso ha ulteriormente esacerbato il fenomeno e penso di non esagerare nello stimare che oltre il 20% della popolazione soffra o abbia sofferto di sintomi ansiosi.
In questo articolo non mi dilungherò nella descrizione della sintomatologia ansiosa, per conoscere la quale rimando alla lettura di questa pagina del mio sito oppure a quest’altra.
I sintomi ansiosi possono essere più “corporei” o più “mentali” (utilizzo il virgolettato poiché è impropria la distinzione tra i due tipi di sintomi, in quanto non esiste una reale e netta distinzione tra ciò che è corporeo e ciò che è mentale). Rimane il fatto che alcuni individui descrivono l’ansia come “paura di impazzire” o di “perdere il controllo dei propri pensieri”, mentre altri la vivono più come “tachicardia”, “costrizione al petto”, “mancanza di respiro” e via dicendo. Aspetti che accomunano tutte le manifestazioni ansiose sono l’attivazione fisiologica (es. aumento della frequenza cardiaca) e la sensazione di perdere il controllo di sé.
Una tipica manifestazione ansiosa
Una volta constatati quali siano i sintomi che accomunano il fenomeno ansioso, provo a spiegare il motivo per cui l’ansia insorge ed il circolo vizioso che la mantiene. Lo faccio partendo da un esempio clinico.
Mario, 55 enne manager di un’importante azienda multinazionale, si rivolge a me poiché avverte mancanza d’aria e sensazione di perdere il controllo di sé in svariate circostanze, specialmente in quelle nelle quali si sente “intrappolato”. L’esordio di questi sintomi risale a circa un mese prima, mentre si trovava nell’ascensore del palazzo nel quale lavora: “mi sembrava di morire”, “da quel momento devo prendere sempre le scale”, “spesso mi capita di provare quelle sensazioni anche in ufficio o in auto; anche l’altra sera al ristorante sono stato malissimo”. Come mai, di punto in bianco, Mario ha iniziato a sperimentare questi sintomi che, fino a quel momento della vita, non aveva mai vissuto? Cos’è effettivamente quell’esperienza che chiamiamo Ansia?
Per capirlo non dobbiamo focalizzarci sui pensieri di Mario, tanto confusi ed intrappolati in un circolo senza via d’uscita, ma abbiamo bisogno di spostarci nel suo contesto di vita e nella continua interazione tra esso ed il suo corpo.
Facendolo, scopriamo che il paziente è da sempre una persona che si definisce a partire dal successo lavorativo; lavoro per cui ha spesso messo in secondo piano altri aspetti della sua vita. La settimana precedente all’esordio dei sintomi ansiosi, era stato convocato dal’Amministratore Delegato dell’azienda, il quale gli aveva fatto intendere che il suo ruolo sarebbe stato gradualmente sempre più marginale, “così da fare spazio ai più giovani”.
Di primo acchito Mario ha affrontato, a suo dire, “in maniera molto razionale” la comunicazione aziendale: “sapevo che non potevo crescere per sempre, che il lavoro non può essere tutto nella vita”. Rimane il fatto che, da lì a poco, è stato sufficiente trovarsi in un ascensore per avvertire una mancanza d’aria ed una percezione di mancanza di controllo mai sentiti prima. Noi esseri umani siamo molto bravi a raccontare e raccontarci storie: la comunicazione ricevuta dall’AD, ha messo in forte discussione il paziente, facendogli percepire un forte senso di instabilità e di poco controllo di sé.
L’Ansia è un fenomeno socio-corporeo
Dove possiamo collocare il senso di instabilità percepito da Mario? Nella sua mente? Nei suoi pensieri? Per quanto il senso comune ci porti a ritenere questo, noi tutti siamo un corpo immerso in un mondo, dunque ogni nostro vissuto lascia tracce indelebili nel nostro corpo. Lo spiazzamento che ha suscitato nel paziente la comunicazione dell’AD aziendale, lo ha reso particolarmente sensibile alle quelle variabili corporee (es. respiro, costrizione al petto, equilibrio) che, in una condizione di “normalità”, non avrebbe ascoltato e avrebbe date per scontate. L’iper focalizzazione del paziente su queste variabili corporee ed il contingente sganciamento dal reale motivo per cui percepiva tali sensazioni di fragilità/instabilità (ovvero la comunicazione ricevuta), hanno fatto sì che Mario si trovasse in un circolo vizioso corporeo: una costante e paradossale paura delle proprie sensazioni fisiche.
Il circolo vizioso dell’Ansia
Come si evince dallo schema soprastante, il fenomeno dell’Ansia è caratterizzato da un circolo vizioso. Può accadere che, in un determinato momento della vita, ci si possa percepire in grande difficoltà o spaesati di fronte alla vita stessa. Questo vissuto comporta dei cambiamenti a livello di sensazioni e percezioni corporee. Il mancato collegamento narrativo tra le “nuove e sconosciute” percezioni corporee ed i motivi esistenziali che le generano, favorisce l’iper focalizzazione su di esse, come se il loro controllo da parte dell’individuo diventasse l’unico possibile punto di equilibrio (es. “se riesco a controllare il mio respiro, allora non perdo il controllo di me in questa circostanza”). L’esclusione degli eventi di vita dal racconto del proprio malessere e la contingente iper focalizzazione sul proprio corpo come presunta chiave di equilibrio, fanno sì che l’individuo rimanga in costante stato di allerta rispetto alle proprie modificazioni corporee.
Come uscire dal circolo vizioso
Abbiamo visto che il circolo vizioso ansioso è generato da una frattura tra un’esperienza di vita vissuta (es. comunicazione dell’Amministratore Delegato, che impone a Mario un riposizionamento esistenziale) ed il racconto che l’individuo fa a se stesso dei correlati corporei associati all’esperienza (es. la mancanza di fiato in ascensore, conseguente al forte senso di incertezza provata da Mario in questo momento di vita, ma raccontata da lui come conseguenza dello spazio ristretto ed alla impossibilità di vie di fuga percepiti).
L’uscita da questo circolo vizioso, dal mio punto di vista, è vincolato a due aspetti:
1- “rimarginazione” della frattura che l’individuo ha creato tra esperienza vissuta e racconto dei propri sintomi. Nel caso di Mario, quindi, si è rivelato necessario che egli comprendesse il legame tra la sua mancanza d’aria ed il senso di incertezza che stava vivendo in quel momento della vita. Questo gli ha permesso di affrontare gli ascensori e le altre situazioni ansiogene con un differente livello di consapevolezza: “ieri ho trovato la forza di prendere l’ascensore; all’inizio ho avvertito il fiato corto, ma poi mi sono fatto forza ed ho visto che stavo meglio. Dopotutto, il senso di soffocamento e di insicurezza sono legati a motivi di altro genere”. La nuova consapevolezza, inoltre, ha consentito a Mario di affrontare con maggiore presenza a se stesso il difficile risposizionamento esistenziale che lo attendeva;
2- “fronteggiamento” dei sintomi ansiosi. Essendo che fiato corto, tachicardia, senso di stordimento, ecc. non sono manifestazioni di patologia “organica” (es. cardiopatia, malattia polmonare, malattia neurologica, ecc.), tali sintomi non vanno “assecondati”. E’ pertanto auspicabile che il fiato corto non venga affrontato attraverso respiri profondi, bensì regolarizzando il respiro, introducendo poco ossigeno tramite le narici. Allo stesso modo, alla sensazione di stordimento è bene non rispondere sdraiandosi oppure aggrappandosi, bensì provando a normalizzare il proprio passo. E così via per tutte le differenti manifestazioni ansiose.
Questi due aspetti che ritengo necessari per il superamento del circolo vizioso ansioso, non sono da intendersi come successivi, ma si integrano l’uno con l’altro durante un percorso di psicoterapia.
LeggiE’ possibile avere il controllo dei propri pensieri?
Capita molto spesso che un paziente riporti di non riuscire a liberarsi da pensieri sovrastanti, generalmente legati a senso di colpa o di incapacità. Quasi sempre la paura predominante è quella di compromettere la propria immagine rispetto agli altri. Come mai oggi queste “ossessioni” sono tanto frequenti? E’ possibile controllarle, non lasciarsi sopraffare da esse? Se sì, come?
In questo articolo proverò a descrivere il fenomeno, dando priorità alla fruibilità per il lettore e non perdendomi nella descrizione delle innumerevoli ricerche scientifiche sul tema.
Perché oggi le ossessioni sono tanto diffuse?
Innanzitutto invito il lettore poco conoscitore del tema, ad un rapido approfondimento visitando questa pagina del mio sito; ulteriori informazioni sul fenomeno possono essere trovate qui.
A proposito, io sono il Dott. Giovanni Ventura, Psicologo e Psicoterapeuta a Verona e online
Uno dei principali motivi per cui oggi questi pensieri intrusivi sono tanto frequenti è la forte pressione sociale a cui siamo costantemente esposti: “ti devi realizzare” “devi essere felice” “devi essere in forma fisicamente” “non ci si deve accontentare”…insomma, è come se il mondo continuasse a dirci “devi andare bene e, per farlo, puoi far leva solo sulle tue forze”.
Nonostante “il mondo” ci dica questo, poi il dato di fatto è un altro: possiamo essere “sbagliati” (anzi, siamo per natura imperfetti sotto tutti i punti di vista) e, se vogliamo, affidarci agli altri. Nonostante questa rappresenti una concreta possibilità, oggi le persone faticano molto a percepirla come tale, dando quindi via libera al proliferare di senso di inadeguatezza ed ossessioni.
Si possono controllare i pensieri ossessivi?
Mi sento di dare una risposta molto netta: NO.
Non possiamo avere controllo sui nostri pensieri, siano essi piacevoli oppure ossessivi. E’ possibile testare questo dato tramite una semplice prova: chiudi gli occhi e decidi a cosa pensare, focalizzandoti al massimo delle tue capacità sull’immagine su cui intendi soffermarti. Ti renderai conto ben presto che riuscirai a rimanere fermo su quel pensiero solo per poco istanti, poi la mente riprenderà a spaziare verso l’infinito…e oltre.
E’ un po’ come se fosse la “pancia” del momento a guidarci, ad imporci di stare continuamente sul gesto sbagliato compiuto il mese scorso, che ci fa sentire terribilmente in colpa, piuttosto che sulla bella giornata vissuta l’altro giorno, che vorremmo tanto tanto rimembrare per poter essere più sereni.
Sconsiglio, quindi, di provare a controllare i propri pensieri poiché, così facendo, rischiamo di incrementare il nostro senso di inefficacia: dopotutto, sarebbe come provare a controllare il meteo perché non ci piace la pioggia!
E’ la “pancia” a guidarci
Nel paragrafo precedente è emerso un tema che ritengo centrale: è la “pancia”, l’istinto, a dirigere il pensiero.
Semplificando: se sono sereno farò pensieri sereni, se sono agitato ne farò di agitati. Qualcuno potrebbe obiettare: “Non sono d’accordo, a volte sono tranquillo e, d’improvviso, un pensiero negativo mi passa per la testa e rovina la giornata”. Vero, ma a questo ribatto dicendo che, a seconda dei momenti della vita e degli stati d’animo, lo stesso pensiero può farci terrorizzare, sorridere, oppure sentire indifferenti. E’ sempre e comunque il “macro contesto” nel quale facciamo esperienza in uno specifico periodo della vita a farci percepire come sicuri di noi, ansiosi, oppure tristi.
Ma quindi sono utili tutti quei bellissimi video che troviamo nel web, nei quali guru ed esperti (talvolta autoproclamati tali) ci descrivono le 3,5 o 7 strategie definitive per liberarci dalle ossessioni? Vi invito a guardarne quanti ne volete, ed a farmi sapere se vi saranno effettivamente d’aiuto.
Cosa fare, quindi, quando ci sentiamo sopraffatti dai nostri pensieri?
Ammetto che, fino a questo punto dell’articolo, non ho dispensato troppo ottimismo rispetto alla possibilità di potersi liberare dagli attanaglianti pensieri che, in alcune circostanze, possono rendere la vita assai dolorosa.
Escludendo l’utilizzo delle tecniche magiche da YouTube o da best seller in libreria, ritengo che la strada da seguire per un maggiore equilibrio mentale debba, per forza di cose, essere caratterizzata da rigore e fatica.
Rigore, poiché se studiamo la filosofia, la psicologia e le neuroscienze, provando a farle comunicare tra loro, comprendiamo, tra il resto, che non è possibile modificare i nostri pensieri, agendo direttamente su di essi.
Serve fatica per non soccombere ai nostri pensieri: la fatica di fermarci, capire cosa ci ha resi così vulnerabili, accettare i nostri limiti e, fatto questo, correre il rischio di prendere in mano la nostra vita, cambiando ciò che è modificabile ma ci spaventa. A quel punto la nostra “pancia” sarà piuttosto fiera di sé e difficilmente si lascerà sopraffare dal dubbio.
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