Mi aiuti dottore, ho paura di essere omosessuale!
Al lettore il titolo utilizzato potrà sembrare ironico…ma non lo è! Infatti, pur non nascondendo la mia riconosciuta ironia (non so quanto sia effettivamente riconosciuta, ma mi piace pensare che lo sia), in questo articolo parlerò di un motivo di malessere psicologico oggi piuttosto diffuso: i dubbi ossessivi relativi al proprio orientamento sessuale.
Differenza tra orientamento sessuale ed ossessioni su di esso
La scienza ha ormai reso evidente come l’orientamento sessuale non consegua ad una scelta da parte dell’individuo, ma rappresenti piuttosto una “spinta intrinseca”, strettamente legata al proprio modo di essere.
Per quanto la terra sia ancora oggi popolata da persone ignoranti che non riconoscono questa evidenza, sono ormai alcune decine di anni che l’omosessualità non fa più parte dei disturbi riportati sul DSM (il più diffuso ed utilizzato manuale sui disturbi mentali). Uno dei pionieri nello studio sull’orientamento sessuale fu Alfred Kinsey, che intorno agli anni ’50 del secolo scorso condusse un’articolata ricerca sui costumi sessuali degli Americani. Dal Rapporto Kinsey (a questo link potete trovare qualche informazione in più) emerse, tra il resto, che il nostro orientamento sessuale non è da considerarsi come qualcosa di definito e statico, bensì definito da un continuum ai cui estremi ci sono l’omosessualità e l’eterosessualità. Il nostro orientamento sessuale si posiziona lungo questo continuum, e può anche variare sensibilmente (molto di rado in maniera netta) nel corso di vita. Ci saranno quindi individui nettamente eterosessuali, altri nettamente omosessuali, così come bisessuali; alcuni saranno eterosessuali, ma in maniera meno netta di altri…e così via!
Come detto, l’orientamento sessuale non si decide, ma si avverte. Alcune persone, però, possono sviluppare un disturbo ossessivo su questo tema, che le porta a porsi costantemente domande del tipo “se fossi attratto da persone del mio stesso sesso?”, “se mi eccitassi nel guardare un porno omosessuale?”, “se gli altri scoprissero che io sono gay?”. E’ importante distinguere queste paure ossessive dalla difficoltà nell’esternare il proprio orientamento sessuale: purtroppo ancora troppo spesso capita che una persona omosessuale non si senta libera di esprimere la propria identità, di solito a causa di limiti culturali legati al contesto di appartenenza. In questo caso non si tratta di una problematica ossessiva, anche perché il proprio vissuto sessuale è generalmente piuttosto chiaro, sebbene si fatichi ad esternarlo.
Riassumendo: l’orientamento sessuale è qualcosa di viscerale, che viviamo di pancia, ma talvolta cresciamo in un contesto che non ne favorisce la libera espressione. I dubbi ossessivi riferiti all’orientamento sessuale, invece, sono conseguenti a vissuti di forte insicurezza sociale che può vivere un individuo. Ed è di questi ultimi che tratteremo nel proseguo dell’articolo.
La paura di essere gay
Marino è un ragazzo di 26 anni, di bell’aspetto e lavora come commesso in un negozio di abbigliamento. Quando arriva per la prima volta nel mio studio ha un viso disperato e mi dice: “è da un mese che non riesco a togliermi dalla testa che potrei essere gay. Sto facendo fatica a fare l’amore con la mia ragazza e ad eccitarmi quando guardo un filmato porno. Com’è possibile? Sono sempre stato etero, le donne mi sono sempre piaciute tantissimo!”. Il ragazzo, sebbene di giovane età, ha avuto molte esperienze eterosessuali prima dell’attuale relazione con la fidanzata, che dura da circa un anno e mezzo. Prima d’ora aveva vissuto qualche sporadica defaiance sessuale con le precedenti partner: “ho fatto cilecca qualche volta in passato, per via dell’ansia da prestazione, ma poi le cose si sono sempre sistemate”. “In generale la vita mi è sempre andata bene fino ad un mese fa: ho tanti amici, una famiglia ed una ragazza che mi amano, un lavoro che mi piace. Cosa mi è successo? Perché ora vivo quest’incubo? Fatico anche a dormire a causa di questi dubbi sul sesso”.
Com’è prassi del mio lavoro psicoterapeutico, approfondisco il contesto nel quale le ossessioni di Marino sono insorte: ormai da alcuni mesi il paziente medita di cambiare lavoro, ma teme di rischiare troppo lasciando il “posto fisso”. Incalzando con alcune domande sulla sua relazione affettiva, lui afferma “lei mi ama molto, mi da’ sicurezza. Io però non sono così sicuro di voler restare per sempre con lei, sento che sto perdendo delle opportunità”. Raccogliendo poi la storia di vita di Marino (altra mia prassi lavorativa), emerge come lui sia da sempre un ragazzo molto attento al giudizio dei coetanei: “alle scuole elementari mi deridevano per il mio aspetto fisico, poi sono diventato più figo”, “sono sempre attento a quello che possono dire di me gli amici”.
Insomma, sono bastati pochi colloqui con questo paziente per fare emergere come il suo attuale contesto di vita fosse costellato di paure rispetto a scelte difficili da compiere, e da un senso di insicurezza sociale da sempre presente, ed ora acuito. Com’è tipico del disturbo ossessivo, i pensieri costanti e disturbanti, lungi dal rappresentare l’origine del problema, sono piuttosto un tentativo (evidentemente non funzionale) da parte dell’individuo di dare voce ad una sottostante e non raccontata sofferenza.
Il circolo vizioso ossessivo
La sofferenza che Marino percepisce essere senza via d’uscita, è sintetizzabile con il grafico sottostante:
L’attuale momento di vita che Marino sta attraversando, complici le difficili scelte che il ragazzo avverte di dover compiere e che avranno una ricaduta sulla sua esistenza, gli restituisce un senso di incertezza/instabilità, che va ad amplificare l’insicurezza sociale presente ormai da molto tempo.
Marino non si racconta quali effettivamente siano i motivi del senso di incertezza/instabilità che vive e, per spiegarselo, ricorre a ciò che più storicamente lo mette in scacco: la desiderabilità sociale.
A quel punto sono sufficienti semplici “inneschi” quali, ad esempio, un calo del desiderio erotico nei confronti della ragazza, per entrare in un circolo vizioso fatto di continue preoccupazioni del tipo “se fossi gay, cosa penserebbero di me gli altri?”, “la mia immagine ne verrebbe compromessa”…
Questo racconto non identitario, che sgancia Marino dai reali motivi della sua sofferenza, alimenta la sofferenza stessa e mantiene il circolo vizioso ossessivo alla stregua di un criceto che corre sulla ruota nella gabbia in attesa (suppongo) di un nuovo scenario che non arriverà.
Per approfondire il tema “ossessioni” consiglio questo link e quest’altro del mio sito.
Il ruolo della Psicoterapia per affrontare l’ossessione sull’orientamento sessuale
In quale modo, grazie alla Psicoterapia, ho aiutato Marino ad uscire dal circolo vizioso?
In sintesi, ma senza la pretesa di ridurre la complessità di un percorso psicoterapeutico a poche righe, ho lavorato con il paziente affrontando due fondamentali step:
1- fare in modo che si appropriasse dei reali motivi alla base della sua sofferenza, ripercorrendo assieme a lui la sua storia di vita e soffermandoci sugli episodi più significativi. Grazie a questo processo e, quindi, ad una ampliata consapevolezza di sé, Marino ha avvertito in maniera gradualmente decrescente il bisogno di rispondere alle domande ossessive, sperimentando anche un notevole senso di liberazione dall’ansia;
2- la seconda fase della terapia, che è stata anche la più lunga e trasformativa per il ragazzo, è consistita nell’affrontare (anche attraverso “compiti per casa” esperienziali) in maniera più consapevole le difficili scelte di vita che lo avevano messo in scacco, nonché le situazioni di giudizio sociale di cui in passato si sentiva ostaggio. Questa fase è generalmente quella più faticosa per i pazienti, poiché spesso non è accompagnata dall’urgenza sintomatologica più tipica della prima parte del percorso, e quindi la motivazione al cambiamento dei propri modi di fare esperienza può essere altalenante.
Per i più curiosi, Marino (ovviamente nome di fantasia) durante il percorso svolto con me, ha deciso di chiudere la relazione affettiva di cui non era convinto ed ha cambiato il lavoro, con successive grandi soddisfazioni. Non ha più avuto particolari dubbi sul proprio orientamento sessuale.
Per qualsiasi dubbio o approfondimento su quanto hai appena letto, non esitare a contattarmi: Dott. Giovanni Ventura Psicologo Psicoterapeuta a Verona e online
LeggiPerché si va (o non si va) dallo Psicologo?
Nonostante (per fortuna) informazioni e contenuti siano accessibili ormai a molti, esistono ancora persone che (purtroppo) ritengono poco utile o, addirittura, stigmatizzante intraprendere un percorso con uno Psicologo per superare alcune difficoltà o per migliorarsi.
Non intendo approfondire in questa sede i motivi per i quali, nonostante una copiosa letteratura scientifica a sostegno dell’efficacia della psicoterapia, ancora molte persone preferiscano mantenere una propria posizione contrastante e supportata, talvolta, da mere esperienze personali.
Mi limito ad esprimere un mio parere, certamente non esaustivo sul tema:
• la Psicoterapia non è una scienza esatta, non porta il paziente a “guarire” da una malattia, bensì a cambiare il proprio modo di fare esperienza, ad uscire da circoli viziosi che, quelli sì, portano anche a patologie. Conditio sine qua non per il successo di una Psicoterapia è la motivazione al cambiamento da parte del paziente, pertanto l’individuo poco motivato a cambiare troverà probabilmente poco utile e parecchio faticoso andare allo studio dello Psicologo, affrontare temi “caldi” della propria esistenza e provare a “prendere in mano” la stessa. Questo individuo liquiderà la faccenda con un “non serve a nulla andare dallo psicologo”;
• l’accesso alle informazioni, se non guidata da persone che sanno “decifrare” le informazioni stesse, è solo parzialmente utile. Il mare di internet è vasto e, in esso, si può trovare tutto ed il contrario di tutto. L’utente poco formato in un determinato ambito, è spesso portato a cercare le spiegazioni più semplici, non le più vere.
Ciò detto, sono sempre di più gli individui che decidono di rivolgersi ad uno Psicologo per superare momenti di impasse della loro vita o per raggiungere obiettivi personali. Di seguito riporto le più frequenti motivazioni per cui i pazienti mi contattano:
- ansia e attacchi di panico. Paura di perdere il controllo di sé, di impazzire, di morire…vissuti accompagnati da manifestazioni fisiche quali tachicardia, fiato corto, senso di stordimento, costrizione al petto. Questi sono i sintomi dell’Attacco di Panico, che sperimentano moltissime persone almeno una volta nella vita. L’Ansia è un fenomeno meno intenso, ma del medesimo colore, e spesso accompagna un individuo per buona parte della vita. Qui trovi una descrizione dei disturbi d’ansia e degli attacchi di panico sul mio sito, mentre qui su un sito esterno al mio, ma che considero un buon riferimento;
- ossessioni. Le più diffuse riguardano l’orientamento sessuale e la sessualità in genere, la paura di fare del male a qualcuno, il timore di fornire un’immagine di sé negativa. Hanno una forte connotazione sociale e, talvolta, sono accompagnate da compulsioni. A questo link trovi una spiegazione più approfondita del disturbo;
- umore depresso. Scarsa voglia di agire, visione negativa del futuro e senso di immodificabilità delle situazioni. Queste sono sensazioni spesso alla base dei disturbi depressivi. Qui puoi trovarne una descrizione più approfondita;
- problemi di coppia. Che oggi la vita di coppia porti con sé frequenti possibilità di crisi, è un dato di fatto. Mi viene molto spesso chiesta consulenza da coppie per superare tradimenti, lunghe fasi di stallo e conflittuali, oppure per capire se è il caso di proseguire o meno la relazione. In questa pagina parlo di questo fenomeno e delle mie possibilità consulenziali, mentre qui propongo tre ingredienti alla base di una relazione di coppia serena;
- problemi sessuali. I più frequenti per cui vengo contattato sono il deficit erettile, l’eiaculazione precoce, la difficoltà a raggiungere l’orgasmo, il dolore e/o la paura della penetrazione. Per questo tipo di disturbi è mia consuetudine collaborare con Andrologi/Urologi e con Ginecologi/Ostetriche, poiché un approccio integrato può favorire il superamento della sintomatologia. Va inoltre considerato che, sempre nell’ottica di ottenere migliori risultati, è preferibile un percorso di coppia, quando possibile, per questo tipo di problematiche. A questa pagina puoi trovare un approfondimento dei disturbi sessuali più frequenti;
- dipendenza affettiva/fine di una relazione. La fine di una relazione è spesso fonte di grande sofferenza e, allo stesso tempo, consente di porsi alcune domande relative al proprio modo di stare in coppia ed alla capacità di rimanere anche soli. Mi capita spesso di affrontare questo tema con i miei pazienti, ed è quasi sempre occasione di crescita e sviluppo personali;
- crescita professionale e personale. Sempre più persone mi contattano per comprendere meglio e migliorare se stesse, sia lavorativamente che nelle vita privata, anche in assenza di particolari sofferenze. Questo dato mostra che la psicologia, oggi, viene vissuta da molti individui come strumento di crescita, grazie al quale migliorare la propria quotidianità ed il rapporto con le altre persone. E, dico la verità, questi tipi di percorsi sono spesso quelli più soddisfacenti sia per me che per i clienti;
- dilemmi esistenziali e relazionali. Non sempre (anzi, oggi meno spesso di un tempo) si chiede consulenza ad uno Psicologo in presenza di sintomi psicopatologici. Vivere in epoca post-moderna, in questa società liquida, per dirla alla Baumann, è complesso e richiede notevoli capacità di adattamento. Oggi è importante saper scegliere, e spesso abbiamo poco tempo per farlo. Disporre di un professionista, una guida che ci aiuti ad orientarci in questo oceano di complessità, è un valore aggiunto importante.
In conclusione, ritengo (ma lo ritiene anche la letteratura scientifica!) che rivolgerci ad uno Psicologo sia un’azione necessaria quando attraversiamo periodi di forte stallo, magari accompagnati da sintomi psicopatologici. Farlo, può rivelarsi molto utile anche in ottica di miglioramento individuale e relazionale. Personalmente, mi sono rivolto in più circostanze a colleghi nei momenti in cui ne sentivo il bisogno e, quasi tutte le consulenze ricevute (il “quasi” è d’obbligo, la perfezione non è di questo mondo) hanno accresciuto la passione per il lavoro che faccio e la consapevolezza di quanto la Psicologia rappresenti un fondamentale strumento di benessere.
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